In solidum.
Non basta conoscere il latino per comprendere questa espressione. Si diceva in solidum, infatti, l’obbligazione di uno di tanti debitori di pagare l’intera somma.
È da questa espressione, in particolare dall’aggettivo solidus che significa intero, che deriva la parola solidarietà.
Si tratta di una parola che sentiamo pronunciare tanto spesso e che, come tutte le parole abusate, ha per questo perso la sua rarità, la bellezza che hanno le parole dal suono nuovo.

Definirla non è semplice.
Se apriamo il vocabolario, muovendoci tra le varie definizioni (alcune giuridiche, altre tecniche) questa viene definita come “rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività nel sentimento appunto di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità” (fonte: enciclopedia Treccani).
Tuttavia gli esempi pratici spesso sfuggono a una definizione univoca e lasciano l’idea che la solidarietà sia qualcosa di indefinito, fragile e illusorio.
Solidarietà è aiuto, togliersi una fetta per darla a qualcun altro. È la frase di un bambino ed è forse l’immagine più reale che di solidarietà possiamo ricavare oggi. Ma lo stesso bambino non farà fatica a riconoscere esempi di solidarietà con più chiarezza di quanto riusciamo a fare noi adulti.

Se parlate loro dei medici e degli infermieri che sacrificano il loro tempo per curare il gran numero degli ammalati di questi giorni, non faticheranno a riconoscere che si tratta di un altro esempio di solidarietà.
Lo stesso avverrà se gli parlerete di chi ogni mattina continua a lavorare perché il cibo possa arrivare sulle tavole di tutti, di chi continua a lavorare per raccontare quello che sta accadendo, di chi continua a lavorare perché tutti gli altri possano essere al sicuro senza mancanze. Nonostante tutto.
È un grande Nonostante la solidarietà. A Pasqua, che la solidarietà la incontra nell’elenco di valori che rappresenta, questo accostamento va ricordato.