Il mare in versi

Il mare in versi

Tra le onde si celano i desideri più profondi delle persone, diceva qualcuno.

In effetti, il fascino del mare ispira, da secoli, innamorati e sognatori, riempiendo il cuore di calma e bellezza. Il 11 aprile si celebra la Giornata Nazionale del Mare: un appuntamento, istituito nel 2017, che vuole puntare i riflettori non solo sulle meraviglie, ma anche sulle fragilità dei mari italiani.

In occasione di questa giornata, abbiamo deciso di raccogliere per te alcune delle poesie più belle dedicate al “grande blu”.

Mare

di Giovanni Pascoli

M’affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l’onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.
Ecco sospira l’acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d’argento.
Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?

Amore di lontananza

di Antonia Pozzi

Ricordo che, quand’ero nella casa
della mia mamma, in mezzo alla pianura,
avevo una finestra che guardava
sui prati; in fondo, l’argine boscoso
nascondeva il Ticino e, ancor più in fondo,
c’era una striscia scura di colline.
Io allora non avevo visto il mare
che una sol volta, ma ne conservavo
un’aspra nostalgia da innamorata.
Verso sera fissavo l’orizzonte;
socchiudevo un po’ gli occhi; accarezzavo
i contorni e i colori tra le ciglia:
e la striscia dei colli si spianava,
tremula, azzurra: a me pareva il mare
e mi piaceva più del mare vero.

Mare al mattino

di Costantino Kavafis

Mare al mattino, cielo senza nubi
d’un viola splendido, riva gialla; tutto
grande e bello, fulgido nella luce.
Mi fermerò qui.

Mare lontano

di Pedro Salinas

Se non è il mare, è la sua immagine,
la sua figura, rovesciata, nel cielo.

Se non è il mare, è la sua voce
sottile,
attraverso il vasto mondo,
amplificata dal vento.

Se non è il mare, è il suo nome
in una lingua senza labbra,
senza luogo,
senza altra parola che questa:
mare.

Se non è il mare, è la sua idea
di fuoco, impenetrabile, pura;
e io,
ardente, affogo in lei.

Mediterraneo

di Eugenio Montale

Antico, sono ubriacato dalla voce
ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t’era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l’aria le zanzare.
Come allora oggi
la tua presenza impietro, mare,
ma non più degno mi credo del solenne
ammonimento del tuo respiro.
Tu m’hai detto primo che il piccino
fermento del mio cuore non era
che un momento del tuo;
che mi era in fondo la tua legge rischiosa:
esser vasto e diverso
e svuotarsi cosi d’ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.