Diventare madre.
Un’espressione che non ha un significato univoco: a volte è una scelta, altre una casualità, in alcuni Paesi addirittura un’imposizione, spesso invece è solo una grande gioia.
La maternità ha varie sfaccettature ma spesso è associata a tanti vincoli, in primis quelli economici che forzano una donna ad attendere di avere una stabilità prima di decidere di avere un figlio.
In Italia una donna sceglie mediamente di diventare madre per la prima volta a 31,2 anni. Un’età decisamente più alta rispetto alle statistiche europee. In Bulgaria l’età media è di 26 anni, in Francia di 28,5, in Regno Unito di 28,9. Più vicine a noi le donne spagnole che hanno il primo figlio mediamente all’età di 30,8 anni.
Ma se siamo al primo posto in relazione all’età media, siamo tra gli ultimi in relazione al numero di figli che ogni donna decide di avere.
I dati Istat aggiornati al 2018 evidenziano come il numero medio di figli per ogni madre sia di 1,29. Solo otto anni prima, nel 2010, era di 1,46. Inoltre, c’è una differenza che intercorre all’interno della penisola stessa: le mamme del nord fanno più figli, la media a nord-ovest è di 1,32 figli, al nord-est di 1,36.
Entrambi i fenomeni sono un riflesso a lungo termine della crisi economica del 2008, ma anche un effetto del mancato assistenzialismo sociale con cui una madre deve fare i conti. In fondo fare un figlio non è cosa da poco: un impegno economico di circa 7.100 euro ogni anno, fino al compimento del diciottesimo anno di età, stando alla media nazionale.
Oltre a darci un’immagine plasmata secondo le esigenze economiche, le statistiche ci mostrano anche come cambia il modo in cui una donna sceglie di essere madre.
Oggi, il 32,3% delle mamme decide di fare un figlio prima o fuori dal matrimonio: si tratta di un mutamento culturale che riflette la non più viva esigenza di costruire la propria vita per tappe prestabilite, ma attraverso quelle che sono le singole esigenze di ognuno. Un indice dell’indipendenza culturale che le donne hanno acquisito negli ultimi anni.
Non mancano le madri sole, ossia quelle separate, divorziate, vedove o nubili. Si tratta di donne che spesso vanno incontro a difficoltà economiche o organizzative, dovendo lavorare e far sì che il figlio, soprattutto quando molto piccolo, non resti solo. Di queste, circa l’11% è in stato di povertà, mentre circa il 42% è a rischio povertà o esclusione sociale (percentuale che sale al 58% al sud). Mamme quasi invisibili, che rappresentano un’ampia fetta di popolazione quasi esclusa da ogni tipo di tutela effettiva del proprio status. Una mancanza istituzionale che genera una ferita nella libertà di ogni donna di autodeterminarsi, di poter scegliere se e quando sposarsi, se e quando metter su famiglia e quali dimensioni questa famiglia debba avere.