da una leggenda religiosa cristiana
C’era una volta un giovane cavaliere di nome Martino.
Martino aveva un’indole ribelle: già da bambino, a soli 10 anni, era scappato di casa per alcuni giorni dopo un litigio con i suoi.
Non appena compì i diciott’anni di età, Martino fu costretto ad arruolarsi nell’esercito, così come era usanza a quei tempi.
Il padre, che era stato soldato in gioventù, gli regalò la sua spada e Martino, in sella al suo cavallo, partì verso il battaglione cui era stato assegnato.
Passarono gli anni e Martino divenne un soldato violento e spietato. Tra i suoi compagni lo temevano tutti per la sua ferocia e nessuno voleva mai condividere la tenda con lui.
Martino era quasi fiero della fama che lo circondava ma, in cuor suo, provava un senso di vuoto che lo attanagliava.
Ogni sera, dopo la ronda, gli tornavano in mente gli uomini che aveva minacciato, i bambini che aveva spaventato.
Prima di dormire non riusciva a liberarsi dei loro volti e, spesso, non riusciva a dormire perseguitato da questi pensieri, dai volti che aveva incontrato e che si imprimevano nella sua mente come diapositive.
Un giorno di novembre fu inviato a riscuotere dei tributi in un villaggio lontano.
Nonostante fosse ancora autunno, i campi e le colline erano già tutti ricoperti di un manto di neve. Faceva molto freddo e gran parte della gente non usciva di casa per paura delle temperature così basse.
A un certo punto, sul suo cammino, Martino vide una figura infagottata ferma ai margini di una strada.
Diede uno strattone al suo cavallo così da farlo rallentare e si fermò a osservare meglio quella figura.
“Si sente bene?” chiese a quella che, dopo un po’, riconobbe come la figura di un uomo anziano.
“Sì, ho solo molto freddo” rispose l’uomo. Per un momento Martino rimase interdetto e non seppe cosa fare.
Da un lato voleva proseguire sulla sua strada, dandola vinta all’indifferenza. Dall’altro, sentiva una voce dentro che lo spingeva a fare una cosa che non aveva mai fatto prima: compiere un atto di gentilezza.
Ad un certo punto, decise. Sguainò la spada e, con un colpo secco, tagliò in due il lungo mantello che portava.
Sul mantello era disegnata l’aquila, secondo la leggenda, simbolo del regno cui Martino apparteneva. Tagliarlo o rovinarlo poteva avere gravissime conseguenze.
Poi, prese la parte di mantello che aveva tagliato e, con essa, coprì il mendicante, proteggendolo dal freddo.
Quella notte, prima di dormire, Martino si tormentava: provava nel cuore un calore che non aveva mai provato prima ma, allo stesso tempo, temeva che il giorno successivo il generale potesse vedere il suo mantello tagliato e lo punisse.
Prese sonno molto tardi e con molta difficoltà. Durante la notte, però, fece un sogno rivelatore.
Sognò infatti una luce accecante e che, da essa, venisse fuori un bellissimo angelo.
Nel suo volto, Martino riconobbe il mendicante che poche ore prima aveva aiutato, donandogli parte del suo mantello.
“Non sapevi fossi un angelo, eppure mi hai aiutato, Per questo, ti farò il dono più grande. Come tu mi hai riscaldato, io riscalderò il tuo cuore congelato”
Martino si risvegliò. inizialmente pensò si fosse trattato di un semplice sogno dettato dalla sua fantasia ma, poco dopo, fece una scoperta sorprendente: il mantello era di nuovo intero, come se non lo avesse mai tagliato.
Uscendo dalla tenda, poi, vide che tutta la neve si era sciolta, come se l’estate fosse tornata prima del tempo.
Da allora, Martino scelse di abbandonare la via della violenza e del potere, scelse quella della saggezza e della bontà.
Il suo cuore, ora riscaldato, poteva adesso fargli provare empatia per le altre persone e, così, riempirlo di gioia.
Da allora, secondo la leggenda, ogni anno, nel periodo di novembre, si verifica l’estate di San Martino. Dopo un primo periodo di gelo, torna il sole e il caldo.
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