Malala, storia di una studentessa che ha cambiato il mondo

Malala, storia di una studentessa che ha cambiato il mondo

Una penna e un libro possono cambiare il mondo.
Lo crede fortemente Malala Yousafzai, la più giovane vincitrice del premio Nobel per la pace.

Malala aveva solo 11 anni quando aprì un blog in cui documentava il regime dei talebani in Pakistan e le difficoltà di essere una giovane ragazza in un sistema in cui le donne non godevano quasi di alcun diritto.

A causa delle sue battaglie per assicurare alle sue coetanee il diritto allo studio, Malala fu colpita alla testa con colpi di arma da fuoco mentre tornava a casa proprio dalla scuola. Aveva solo 14 anni.

Grazie ai medici pakistani e, in seguito, inglesi, Malala è riuscita a sopravvivere e non ha mai smesso di lottare per le donne del suo Paese.

Nel 2013 ha tenuto uno storico discorso al palazzo dell’ONU a New York in cui ha parlato dell’importanza dello studio e della scuola, e di come il diritto all’istruzione sia troppo spesso negato in molti Paesi.

Oggi Malala, dopo aver studiato all’università di Oxford, continua a svolgere il suo ruolo di attivista attraverso conferenze, attività di divulgazione e promozione di interventi a sostegno degli studenti e delle donne.

La sua storia è raccontata nel libro autobiografico Io sono Malala, scritto con la giornalista Christina Lamb e pubblicato in Italia da Garzanti.

Ma cosa ci insegna Malala?

Malala, nonostante la sua giovane età, ha saputo farsi portavoce di una generazione di giovani donne che lotta per il cambiamento.

In un clima ostile, ha lottato per lo studio, comprendendo sin da subito come i libri e la conoscenza siano l’arma più potente contro le imposizioni ideologiche, le discriminazioni, le ingiustizie.

Ci ha insegnato che anche una mente giovane può essere un faro per adulti e bambini, parlando a tutti di diritti che dovrebbero essere normalmente riconosciuti, ma che molti negano imponendo limitazioni.

Studio, dedizione, coraggio di lottare per quello che si ritiene giusto: Malala è l’esempio di una generazione che non vuole sottostare alle angherie di chi pretende di essere portavoce di verità e, nel farlo, condanna gli altri alla prigionia della mente.

 

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